Il bilancio è la registrazione delle attività, delle passività e del capitale dell’azienda, a una certa data. Con il bilancio non si vuole descrivere lo sviluppo nel tempo della situazione aziendale, ma si fissa quest’ultima così com’è in un determinato momento, come in un’istantanea, riportando il valore monetario attribuito in quel momento a tutti i beni aziendali. Per esempio, una fabbrica di panettoni avrà un bilancio ben diverso a fine novembre, o a fine dicembre, perché ovviamente il magazzino sarà quasi pieno nel primo caso e sarà invece quasi vuoto nel secondo. Il termine “bilancio” è di antica data e di uso comune. Esistono tuttavia altri termini, con cui si nomina talvolta questo documento: “stato patrimoniale”, “situazione finanziaria” o altri analoghi.
Il bilancio è formato da due sezioni, una per le attività, l’altra per le passività e il capitale: le due sezioni devono chiudere con lo stesso totale, devono cioè bilanciarsi (da qui il nome). Le attività sono i beni di proprietà dell’azienda, siano essi stati pagati oppure no, del tutto o in parte. Fra questi beni troviamo il contante e i titoli negoziabili (che formano la cosiddetta cassa), i crediti, le scorte, gli immobili, gli impianti e le attrezzature, i depositi, le cauzioni, gli anticipi già versati a terzi, e così via.
Le passività sono gli obblighi contratti dall’azienda verso terzi (non quindi verso i proprietari dell’azienda stessa), in genere per la fornitura di beni o la prestazione di servizi. Tali obblighi riguardano il pagamento di somme convenute, in tempi anch’essi convenuti. Fra le passività troviamo i debiti verso fornitori, gli stipendi maturati ma non ancora pagati, i debiti a breve e a lungo termine (prestiti accesi presso le banche, obbligazioni emesse sul mercato finanziario, ecc.).
Nel bilancio si distinguono, fra le attività, le attività correnti che sono costituite dal contante e dai titoli negoziabili, o dai titoli attivi in scadenza entro un anno dalla data del bilancio. Analogamente si distinguono le passività correnti, costituite dai debiti e dalle obbligazioni in scadenza entro un anno dalla data del bilancio. Queste due voci forniscono un’indicazione sulla situazione finanziaria dell’azienda, nel breve termine: se infatti le passività correnti superano le attività correnti, l’azienda potrà incontrare difficoltà nel far fronte ai propri impegni nel prossimo futuro. Taluni esperti giudicano soddisfacente la situazione finanziaria a breve di un’azienda solo se le sue attività correnti sono almeno doppie delle sue passività correnti. Le altre attività, dette anche attività fisse, consistono in beni la cui durata economica s’estende oltre l’anno. Le altre passività consistono in debiti, obbligazioni e mutui a lungo termine (con scadenza oltre l’anno).
L’attuale struttura del bilancio risale agli inizi della pratica contabile della partita doppia, secondo la quale a ogni posta attiva deve corrispondere una contropartita passiva di pari importo. Con il crescere della complessità delle transazioni economiche e del loro orizzonte temporale si distinsero, poi, le attività e le passività correnti da quelle di più lungo termine (anche per tener conto dell’ammortamento, con cui si ripartisce su più esercizi finanziari il costo dei beni di lunga durata economica). Nelle passività si venne a distinguere sempre più il debito verso i proprietari (il capitale) dal debito verso terzi. Come abbiamo già osservato, le due sezioni del bilancio devono chiudersi con il medesimo totale generale, per rispettare l’equazione fondamentale della contabilità:
Attività = Passività + Capitale
Il capitale è una grandezza contabile residuale, dal punto di vista del diritto amministrativo. I creditori infatti hanno la precedenza sui titolari dell’azienda (o sugli azionisti) per quanto riguarda i diritti sui beni dell’azienda stessa. Per la verità esistono beni che non figurano in bilancio, perché non suscettibili di valutazione monetaria: per esempio la reputazione dell’azienda, l’esperienza, la motivazione e la dedizione del suo personale sono indubbiamente beni preziosi che, però, sfuggono alla rilevazione contabile.
La contabilità finanziaria è la lingua stessa del mondo degli affari e il bilancio è il suo documento principe. Non a caso le istituzioni finanziarie pagano profumatamente i loro numerosi analisti finanziari che si dedicano soprattutto all’analisi dei bilanci delle aziende suscettibili di investimento finanziario. Lo stesso fanno le banche per valutare la situazione finanziaria delle aziende che richiedono prestiti. Si capisce allora perché i responsabili finanziari delle aziende dedichino, a loro volta, somma cura alla stesura dei loro bilanci.
L’utilità di questi documenti non riguarda solo gli osservatori esterni, per quanto strettamente interessati (azionisti, banche e così via), bensì anche i suoi dirigenti, tanto che si preparano in diverse aziende aggiornamenti mensili, o trimestrali, in quella stessa forma: si facilita così il confronto con i concorrenti e la valutazione dell’efficienza complessiva dell’azienda.