L’espressione locazione transitoria è stata introdotta dall’art. 26 lettera a) della L. n. 392/78 quale locazione in parte esclusa dalla disciplina dell’equo canone. Secondo tale norma le locazioni transitorie si dovevano distinguere in:
– locazioni transitorie per motivi di lavoro e studio, ma caratterizzate da una stabilità abitativa (per le quali si applicava la disciplina dell’equo canone);
– locazioni per motivi di lavoro e studio, non caratterizzate da una stabilità abitativa (per le quali si applicavano le norme del c.c.);
– locazione per motivi diversi da studio o lavoro (per le quali si applicavano le norme del cc.).
Si è posto da subito il problema di individuare correttamente questa tipologia di contratti, al fine di evitare che tale negozio fosse utilizzato, per evitare gli schemi rigidi dettati dalla I. n. 392/78 ed eludere le prescrizioni imperative sul contenuto del contratto.
In seguito si sono introdotti due criteri fondamentali dettati dall’art. 5 della L. n. 431/98: quello oggettivo e temporale, relativo alla durata inferiore ai limiti indicati dalla suddetta legge, e quello soggettivo, relativo alle particolari esigenze delle parti.
L’art. 5 della L. n. 431/98 disciplina, infatti, le locazioni destinate a soddisfare esigenze abitative di breve durata, che si distinguono sia da quelle degli studenti universitari, disciplinate dalla medesima normativa, sia da quelle turistiche, disciplinate dal codice civile e non regolamentate dalla L. n. 431/98.
La durata non deve essere inferiore a un mese e non superiore a 18 mesi; il canone viene liberamente stabilito tra le parti, ad eccezione di quei casi in cui è necessario applicare un canone convenzionato, cioè per le locazioni transitorie non turistiche delle unità abitative site nelle aree metropolitane.
Tali locazioni sono disciplinate dal sopra citato art. 5 della I. n. 431/98 e dal decreto ministeriale emesso il 5 marzo del 1999, a seguito della Convenzione nazionale dell’8 febbraio 1999, al quale hanno fatto seguito altri decreti ministeriali del 30 dicembre 2002 e del 10 marzo 2006, col compito di dettare le linee guida per le locazioni a canone convenzionato e per le locazioni transitorie.
Il d.m. del 30 dicembre 2002, infatti, all’art. 2, definisce: “i contratti transitori” come “atti a soddisfare particolari esigenze dei proprietari e/o dei conduttori – con riferimento alle necessità derivanti da particolare mobilità lavorativa – da individuarsi nella contrattazione territoriale tra le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della proprietà edilizia e dei conduttori.
Il d.m. del 10 marzo 2006 ribadisce poi che sono gli accordi locali stipulati dalle rappresentanze dei proprietari e inquilini a determinare quali siano le fattispecie per la determinazione dei contratti transitori, affermando poi che tra le parti è possibile stipulare contratti della durata da un minimo di un mese a un massimo di diciotto mesi al fine di “soddisfare qualsiasi esigenza specifica, espressamente indicata nel contratto, del locatore o di un suo familiare ovvero del conduttore o di un suo familiare, collegata ad un evento certo o a data prefissata .
Pertanto possiamo avere contratti di locazione transitoria per temporanee esigenze di trasferimento per motivi di lavoro.
Tali esigenze del conduttore o del locatore51 devono essere provate con apposita documentazione52 da allegare al contratto; tali contratti devono contenere una clausola che evidenzi l’esigenza della transitorietà della locazione per il locatore o per il conduttore.
Infatti è previsto che sia compito del locatore e del conduttore allegare al contratto apposita documentazione circa l’esigenza della transitorietà del locatore e/o del conduttore. Inoltre il locatore ha l’onere di confermare quanto indicato nel contratto di locazione transitoria a mezzo di lettera raccomandata da inviare al conduttore entro una data definita nel contratto, prima della sua scadenza.
Nel caso in cui tale comunicazione non avvenga e non si verifichino i presupposti dichiarati nel contratto che hanno giustificato questo tipo di locazione, il contratto si ritiene ricondotto alla durata prevista dall’art. 2 comma 1° della 1. n. 431 del 1998 (quattro anni rinnovabili di altri quattro anni).
Anche per il contratto di locazione transitoria sono previste la forma scritta ad substantiam e la sua registrazione.
11 canone potrà essere liberamente determinato dalle parti, ad eccezione di quei casi in cui è obbligatorio il canone convenzionato per le locazioni transitorie con finalità non turistica di abitazioni situate nelle aree metropolitane: infatti i decreti Ministeriali dispongono che i canoni di locazione per i contratti di natura transitoria relativi a immobili siti nelle aree metropolitane di Roma, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Torino, Bari, Palermo, Catania, nei comuni a questi confinanti e negli altri comuni capoluoghi di provincia, siano definiti dalle parti all’interno dei valori minimi e massimi stabiliti per le fasce di oscillazione per le zone aventi caratteristiche omogenee per classe catastale, dotazioni infrastrutturali, valori di mercato.
Si possono comunque effettuare, per particolari esigenze, variazioni al canone, che non potranno, però, superare il 20% dei valori in precedenza concordati.
Il canone potrà essere comunque aggiornato, effettuando un aumento pari al 75% della variazione ISTAT dell’indice nazionale dei prezzi di consumo per le famiglie di operai ed impiegati verificatasi nell’anno precedente.
Al di fuori delle aree sopra indicate, il canone è completamente libero e soggetto al solo accordo delle parti.
Resta sottinteso che anche in questo tipo di contratto devono essere specificati e certificati tutti gli elementi e le caratteristiche proprie dell’immobile locato e devono essere presenti determinate clausole a norma di legge.
Come già in precedenza evidenziato, la durata del contratto non deve essere inferiore ad un mese né superiore ai diciotto mesi; alla scadenza, non sono necessarie eventuali disdette.
Il contratto si può rinnovare tacitamente ex art. 1597 c. c. e, secondo i decreti ministeriali del 5 marzo 1999, del 30 dicembre 2002 e del 10 marzo 2006, per venire incontro alle esigenze del conduttore, che desidera continuare la permanenza e assecondare la volontà del locatore di rinnovare il contratto.
Nello specifico, l’art. 2 del d. m. del 5 marzo 1999, poi riproposto nell’art. 2 del d. m. del 30 dicembre 2002, riconduce la durata del contratto transitorio a quella disciplinata dall’art. 2, primo comma, della 1. n. 431/98 (quattro più quattro) nel caso non si verifichi la condizione indicata nel contratto, che sottoporrebbe lo stesso alla disciplina dei contratti transitori e nel caso che la durata transitoria sia, come causa del contratto, venuta meno.
Tali disposizioni sono tese ad incidere sulla durata del contratto nel caso di rinnovo tacito; oltre a ciò, anche nel caso di locazioni a studenti universitari, si prevede il rinnovo tacito, quando permangano esigenze di continuare il rapporto locatizio.
Relativamente al rinnovo tacito del contratto ed agli artt. 1597, secondo comma, e 1574 c. c. il rapporto dovrebbe avere la residua durata delle locazioni a tempo indeterminato (un anno per le case non arredate, la durata relazionata alla pigione nel caso di camere o appartamenti arredati, ecc.) ma lo scopo e la tipologia dei contratti transitori fanno comunque presumere che il rinnovo tacito si effettui per la stessa durata del contratto, in considerazione del fatto che la durata del rinnovo non può per legge essere superiore a quella indicata dal contratto originario.
Avendo già trattato le locazioni turistiche, che si differenziano da quelle transitorie per la loro breve durata con conseguente non riconduzione nella normativa della 1. n. 431/98, ma nella normativa dettata dagli articoli del codice civile, se non per la forma scritta e registrazione del contratto nel caso di durata non inferiore ai 30 giorni, tratteremo ora le locazioni per gli studenti universitari sempre disciplinate dall’art. 5 della I. n. 431/98 al comma secondo.
Mentre il comma primo dell’art. 5 della 1. n. 431/98 disciplina le locazioni transitorie, il comma secondo recita: “In alternativa a quanto previsto dal comma 1° possono essere stipulati contratti di locazione per soddisfare esigenze abitative di studenti universitari sulla base dei tipi di contratto di cui all’art. 4 bis”
Si evince che la disciplina dei contratti per studenti universitari sia analoga a quella dei contratti transitori, anche se alternativa. È previsto infatti che la durata di questi sia di un minimo di tre mesi ad un massimo di tre anni, rinnovabili alla prima scadenza, salva disdetta da parte del conduttore; i contratti possono essere stipulati da uno studente o da gruppi di studenti universitari che si trovino fuori sede, cioè lontano dalla loro residenza abituale.
Spesso tale ultima affermazione è scarsamente praticata nella realtà: infatti i locatori spesso e volentieri preferiscono stipulare contratti di locazione coi genitori degli studenti, cioè con persone in grado di produrre reddito, e quindi di garantire meglio il pagamento della locazione.
Ogni contratto di tale natura può presentare specifiche clausole ed un inventario del mobilio presente nell’appartamento locato; può anche offrire la facoltà di recesso parziale per il singolo conduttore in caso di pluralità di conduttori, può presentare un insieme di regole circa l’esclusione alla sublocazione, lo stato di conservazione dell’immobile, la produzione degli interessi legali sul deposito che non dovrà superare le tre mensilità, nonché il riferimento agli accordi sugli oneri accessori, al fine della ripartizione tra le parti ed il richiamo agli art. 9 e 10 della 1. n. 392/78.
Il contratto deve poi contenere tutti gli estremi dei dati catastali e il riferimento sulle attestazioni di conformità degli impianti presenti, oltre all’autorizzazione al trattamento dei rispettivi dati secondo la normativa sulla privacy (1. n. 675/96, abrogata a seguito del d.lgs. n. 196/2003 Codice in materia di protezione dei dati personali].
Gli studenti universitari pertanto avranno la facoltà di poter stipulare tre tipologie di contratto: quello di locazione secondo il canale libero o agevolato; quello di locazione transitoria; quello previsto dalla legge e disciplinato dagli accordi locali appositi per studenti universitari, così come sancito dalla Convenzione dell’8 febbraio 1999.
I contratti ad uso transitorio possono essere stipulati anche per finalità diversa da quella abitativa, in ottemperanza a quanto disposto dall’alt 27, comma quinto, della legge n. 392/78. Tale norma dispone che può essere stipulato un contratto per la durata inferiore a quella minima (sei o nove anni) indicata dal primo e secondo comma del medesimo articolo, quando l’attività esercitata abbia per sua natura il carattere transitorio.
La giurisprudenza ha chiarito che vi sono attività che possono giustificare la necessità di stipulare un contratto transitorio, come vi sono casi in cui la natura transitoria dell’attività si può desumere da particolari caratteristiche del prodotto oggetto dell’attività, come di determinate circostanze temporali.
A questo punto ci sembra naturale aggiungere due parole sui contratti di locazione ad uso foresteria, cioè sui contratti stipulati tra una persona o una impresa per poter usufruire di locali in cui ospitare persone con cui si hanno rapporti di lavoro; questi contratti hanno, per il conduttore, lo scopo di procurarsi un alloggio fornito di mobilio e utenze, per offrire gratuitamente e per breve tempo un benefit aziendale ai propri dipendenti.
Questi contratti, regolati dalla L. n. 392/78, non sono stati compresi nella disciplina dell’equo canone e non sono ricollegabili alle norme della 1. n. 431/98, dato che il conduttore non stipula un contratto per proprio uso abitativo; per questo restano legati alle norme del codice civile.